Piedi piatti 2019-01-10T15:54:20+00:00

Piedi piatti

Per piede piatto si intende un piede che presenta riduzione in altezza della volta plantare (formata dalla forma e dal reciproco incastro delle ossa del piede e dal perfetto funzionamento di una serie di muscoli chiamati cavizzanti perché mantengono la cavità sull’interno del piede) accompagnata spesso da valgismo del calcagno, cioè tallone deviato verso l’esterno.Il termine più scientifico è piede pronato, cioè parzialmente ruotato verso la sua parte interna.

Quando il bambino inizia a camminare, l’immaturità del tessuto connettivo e lo scarso sviluppo dei muscoli permettono un’ampia escursione dei movimenti ammortizzanti del piede, così l’arco plantare si appiattisce ad ogni passo. Quando per cause ancora non perfettamente note si verifica un rallentamento o un inceppamento dei meccanismi che inviano informazioni propriocettive ai centri nervosi che azionano i muscoli deputati alla creazione e al mantenimento della volta per cui la volta plantare tarda ad assumere la sua forma e dimensione normale o non si forma affatto, ci troviamo allora di fronte ad un piede piatto.

Nei primi anni di vita è normale avere la volta plantare appiattita e il calcagno valgo. Circa il 95% dei piedi che presenta valgismo del calcagno si corregge spontaneamente entro i 4-6 anni. Generalmente si deve parlare di piede piatto solo se il difetto persiste verso i 6-7 anni. A questo punto l’1-2% dei piedi che hanno mantenuto un certo grado di deformità necessiteranno di correzione chirurgica.

Nell’adulto il piede piatto può consentire una vita normale oppure diventare progressivamente sintomatico, provocando dolore, facile stancabilità alle gambe, mal di schiena ed evolvendo verso l’artrosi, le rotture tendinee, le plantalgie, le deformità delle dita.

QUADRO CLINICO

Il piede piatto non deve mai essere mai considerato come un’affezione isolata, va sempre inquadrato in un contesto posturale, valutando globalmente il bambino e ponendo attenzione ai disturbi associati come le alterazioni della colonna vertebrale, il ginocchio valgo o la deambulazione a punte in dentro, molto frequente fino all’età prepuberale.

Si deve distinguere il piede piatto flessibile, la varietà più comune (95%), frequentemente associato a lassità articolari generalizzate.

E’ una forma benigna, sempre asintomatica, spesso associata ad altri disturbi posturali (ginocchio valgo, passo intraruotato) e il piede piatto rigido, caratterizzato da rigidità e dolore del piede, associato a condizioni patologiche congenite come sinostosi tarsali o astragalo verticale.

Le manifestazioni cliniche più tipiche sono l’abbassamento e la deformazione del profilo interno. L’abbassamento è dovuto all’arco plantare mediale appiattito o addirittura annullato tanto che il 1° metatarso può essere quasi parallelo al suolo. La deformazione del profilo interno invece è dovuta al fatto che sulla parte interna del piede davanti al malleolo interno, comune a tutti i piedi, si rileva un’altra sporgenza dovuta allo scafoide tarsale che in caso di piede piatto protrude maggiormente.

Anche il retropiede presenta una deformità caratteristica: il calcagno (o tallone) è valgo cioè angolato in fuori. La maggior parte di queste deformità non sono apprezzabili quando il paziente è disteso. In conseguenza di tali alterazioni anche la deambulazione varia: normalmente l’impatto del piede col suolo avviene con la parte postero-esterna del tacco, invece in caso di piede piatto l’impatto è postero-centrale o addirittura postero-interno. Pertanto un esagerato consumo interno della suola è sicuro indice di deambulazione in pronazione, cioè di piattismo plantare.

I più classici test che si utilizzano nella valutazione del piede piatto sono:

• il Toe raising test eseguito col paziente in piedi: flettendo dorsalmente l’alluce del paziente in posizione eretta nel piede piatto correggibile si osservà un innalzamento della volta plantare ed una varizzazione del calcagno.

• il Test di sollevamento sulle punte: il paziente con piede piatto in piedi sulle punte corregge parzialmente o addirittura non corregge per nulla il valgismo del calcagno. Questo è caratteristico di piedi piatti fortemente strutturati o contratti.

SINTOMI

Raramente i piedi piatti sono sintomatici, proprio i rari casi in cui il piede è dolente sono quelli che devono maggiormente essere fonte di preoccupazione nel senso che sono quelli più a rischio di trattamento chirurgico.

Il dolore, quando presente, si manifesta a livello della faccia mediale del piede (la parte che guarda verso l’altro piede) e della caviglia. È dovuto al sovraccarico delle strutture capsulo-legamentose di quella zona in conseguenza dell’anomala conformazione del piede. Più spesso il dolore ed il facile affaticamento del piede e della gamba insorgono dopo attività sportiva o deambulazione prolungata.

DIAGNOSI

La diagnosi è basata innanzitutto sull’osservazione del paziente mentre cammina, sull’atteggiamento dei piedi in carico e sulla forma dei piedi.

Di ausilio è anche il podoscopio, una pedana di vetro sulla quale il bambino viene fatto salire a piedi nudi per valutare l’impronta plantare attraverso un sistema di luci e specchi. Sul podoscopio un piede piatto presenta allargamento e medializzazione dell’istmo, sollevamento del profilo laterale, inclinazione esterna del tallone posteriore.

Tra le indagini strumentali le radiografie sotto carico (cioè eseguite con il paziente in piedi) sono fondamentali per escludere altre alterazioni associate. In caso di retropiede contratto può essere necessario eseguire una TC per escludere alcune anomalie.

La più frequente è la sinostosi cioè la presenza di un ponte osseo tra 2 ossa del piede (quasi sempre l’astragalo e il calcagno) che contribuisce al mantenimento della deformità.

TERAPIA

In caso di piede piatto infantile anche asintomatico, (fra i 3 e gli 8 anni) è corretto il trattamento ortesico, cioè l’adozione di plantare, che però entro 3 anni deve portare a qualche risultato. In caso di piede piatto pre-puberale (fra gli 8 ed i 13 anni) se asintomatico e non accompagnato a fattori di rischio (sovraccarico ponderale, vita sedentaria) occorrono controlli periodici ed eventuale proseguimento di trattamento ortesico. Scopo del trattamento ortesico è quello di ripristinare i normali rapporti tra astragalo e calcagno.

Il plantare deve essere ovviamente confezionato su misura con calco gessato. Durante la confezione del calco gessato si deve sostenere la volta plantare longitudinale, quindi creare un importante sostegno sulla parte interna del piede, e correggere il valgismo del retropiede.

Il piede piatto non sempre risponde in maniera costante e prevedibile ai consigli esterocettivi del plantare, poiché questi sono influenzati da età, caratteristiche cliniche e radiografiche, riducibilità, abitudini di vita. Recenti studi hanno evidenziato che il plantare non assicura correzione della deformità. L’utilizzo più moderno è quello che prevede l’impiego del plantare nei piedi piatti dolorosi o particolarmente gravi, nell’attesa di una correzione chirurgica nei pazienti in cui l’intervento sia controindicato oppure nei pazienti con un piede piatto sintomatico che abbiano rifiutato l’intervento.

In caso di piede piatto grave o dolente che non beneficia del trattamento con plantari entro i 12-13 anni è necessario intervenire chirurgicamente per correggere la deformità. L’obiettivo dell’intervento è eliminare il dolore quando questo sia presente, correggere la deformità ed ottenere un piede funzionalmente valido.

Poiché l’anatomia del piede piatto riconosce un interessamento muscolo-tendineo e capsulo-legamentoso, l’atto chirurgico prevede interventi sulle strutture scheletriche e talora anche sulle strutture tendinee e capsulo-legamentose.

L’intervento di elezione, detto artrorisi, ha lo scopo di correggere i rapporti tra astragalo e calcagno mediante l’inserimento nel seno del tarso (uno spazio articolare compreso tra astragalo e calcagno) di un endortesi (una vite di misura, forma e materiale variabile). Si tratta di un intervento molto semplice e rapido successivamente al quale il paziente dovrà mantenere uno stivaletto gessato per 2 settimane senza potere concedere il carico sull’arto operato per la prima settimana. Per 3-4 mesi poi non sarà possibile effettuare attività sportiva. La presenza di questa vite mantiene il nuovo assetto articolare in correzione durante la fase finale dell’accrescimento osseo del piede.

A questo semplice intervento in presenza di altri difetti strutturali si devono associare interventi complementari su tendini e legamenti. Tra gli interventi più spesso associati si annoverano:

• la plastica di ritensione mediale che ricrea la volta plantare ritensionando i tessuti tendinei e capsulari sulla parte interna del piede.

• l’allungamento del tendine d’Achille che viene generalmente eseguito con qualche mini incisione nella parte posteriore del piede per eliminare quella retrazione tendinea che può essere una delle concause della deformità del piede. Quando vengono eseguiti uno e entrambi questi interventi viene applicato uno stivaletto di gesso per almeno 25 giorni.

Molto raramente nell’adolescente, quasi sempre nel piede piatto dell’adulto, è necessario invece eseguire interventi più complessi quali osteotomia di calcagno e artrodesi. L’osteotomia di calcagno trova indicazione verso il termine dell’accrescimento (12-15 anni) e nell’adulto con la finalità di correggere il valgismo del calcagno senza sacrificare l’articolazione astragalo-calcaneare. Le osteotomie di calcagno sono prevalentemente in addizione più raramente in sottrazione, molto rare infine le osteotomie di astragalo. Nel piede piatto inveterato dell’adulto il rimedio estremo per la correzione di un piede piatto è la fusione dell’articolazione tra astragalo e calcagno. Questo tipo di intervento detto artrodesi astragalo-calcaneare prevede la correzione del rapporto astragalo-calcaneare mediante l’introduzione di un innesto osseo nell’articolazione sottoastragalica che permette di correggere la deformità. In entrambi questi interventi la convalescenza è decisamente più lunga poiché occorre mantenere uno stivaletto gessato per circa 80 giorni di cui la metà senza concedere il carico sull’arto operato.

LA MIA OPINIONE

Il progresso nel campo della medicina comprende anche la prevenzione. Quanti adulti coi piedi piatti conosciamo senza dolore e senza disturbi funzionali? Questa premessa serve a spiegare il mio atteggiamento meno invasivo di certi miei colleghi nei confronti dei bambini coi piedi piatti. Il plantare non ha riconoscimento assoluto dal punto di vista terapeutico, l’intervento chirurgico invece permette certamente di correggere la deformità. Ma non bisogna assolutamente dimenticare che piede piatti di grado lieve e medio spesso non provocano alcun disturbo per tutta la vita. In definitiva prima di sottoporre il bambino ad intervento parlarne a lungo col chirurgo è una buona cosa.

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