Artrosi del ginocchio 2019-01-10T16:05:40+00:00

Artrosi del ginocchio

L’artrosi del ginocchio o gonartrosi è una malattia cronico-degenerativa tipica dell’età avanzata che coinvolge l’articolazione del ginocchio. Crea un danno articolare crescente fino a comportare un grado significativo di limitazione funzionale.

Può essere definita un’usura dei capi articolari, infatti la cartilagine che riveste la superficie del femore e della tibia si assottiglia progressivamente fino ad esporre l’osso sottostante che reagisce addensandosi e producendo escrescenze periferiche, i cosiddetti osteofiti. Anche la rotula può essere coinvolta poiché si usura la sua superficie di scorrimento sul femore distale ricoperta anch’essa di cartilagine.

Il liquido reattivo che si accumula all’interno del ginocchio artrosico tende a trovare sfogo posteriormente, dove le pareti della capsula articolare sono più deboli. Si produce quindi spesso una raccolta fluida palpabile nella parte posteriore del ginocchio, il poplite, così denominata “Cisti poplitea o cisti di Baker”.

Nelle fasi più avanzate della malattia a causa dell’inspessimento della capsula articolare e della retrazione dei muscoli il ginocchio diventa rigido, in genere flesso, cioè non riesce a estendersi completamente.

Questa malattia predilige il sesso femminile; tra i fattori che accelerano il quadro patologico il più importante è il sovrappeso.

L’artrosi del ginocchio può anche essere secondaria cioè insorgere per cause favorenti quali fratture articolari del ginocchio, ginocchio varo o valgo, instabilità di rotula e instabilità articolari per lesioni inveterate del Legamento Crociato Anteriore, postumi di interventi quali meniscectomia totale o subtotale.

SINTOMI

Il sintomo prevalente è il dolore, la cosiddetta gonalgia, in genere ben localizzato. In principio è occasionale, conseguente in genere a sforzo (una lunga camminata, salire o scendere le scale), e viene prontamente alleviato dal riposo. Con il tempo, esso può divenire permanente, fino a disturbare il sonno.

Il dolore indotto dal carico determina una zoppia di fuga: il paziente tende a caricare poco sull’arto dolente, riducendo la fase di appoggio sul piede corrispondente. La zoppia, oltre che da questo meccanismo protettivo, deriva anche dalla progressiva flessione del ginocchio, che non potendosi più estendere completamente, rende difficoltosa la deambulazione.

DIAGNOSI

La diagnosi di gonartrosi è radiologica. Occorre sottoporsi a una radiografia degli arti inferiori in carico bipodalico e una radiografia sempre in carico in proiezione laterale con le ginocchia in estensione. Questo esame ci permette di evidenziare i tre segni radiologici fondamentali dell’artrosi: riduzione della rima articolare, addensamento dell’osso subcondrale e osteofiti.

Confronto nello stesso paziente tra ginocchio artrosico e ginocchio sano

TERAPIA

La terapia farmacologica (antidolorifici puri e/o antinfiammatori) è quasi sempre palliativa e dovrebbe essere impiegata per alleviare i disturbi nel paziente poco sintomatico o inoperabile.

La terapia infiltrativa con cortisonici è uno strumento potente, capace di risolvere rapidamente un quadro infiammatorio locale spesso associato alla gonartrosi. Però poichè i cortisonici deteriorano le strutture intra-articolari (cartilagini, menischi e legamenti), vanno somministrati con cautela soprattutto in pazienti ancora lontani dall’ipotesi di protesizzazione.

Invece la terapia infiltrativa con preparati a base di acido ialuronico (la cosiddetta viscosupplementazione locale) nelle forme iniziali provoca spesso temporaneo beneficio. Questa terapia, di competenza specialistica, viene eseguita mediante una serie di almeno 3 infiltrazioni nell’articolazione del ginocchio con la finalità di migliorare la lubrificazione dello stesso ed il trofismo delle cartilagini.

Le comuni terapie fisiche (Laser, Ultrasuoni, Tecar, TENS, Magnetoterapia) risultano in genere poco efficaci.

Nei soggetti obesi il calo ponderale produce grandi benefici e può rallentare l’evoluzione del danno articolare. Invece un moderato esercizio fisico in assenza di carico (nuoto, bicicletta) permette di conservare più a lungo la mobilità e il trofismo muscolare, ritardando la comparsa di rigidità.

La soluzione più efficace nella gonartrosi avanzata è certamente chirurgica.

Osteotomie tibiali. Nelle forme iniziali e caratterizzate da una significativa deviazione assiale, nei pazienti giovani con  ginocchio varo o valgo, è possibile eseguire interventi correttivi (le cosiddette osteotomie) che, riallineando l’arto, arrestano o rallentano la degenerazione articolare.

Protesi di ginocchio. Nelle forme più gravi in presenza di dolore subcontinuo la soluzione più efficace è rappresentata dalla protesi di ginocchio (totale o monocompartimentale a seconda del quadro clinico). Nel caso in cui l’artrosi coinvolga un solo compartimento del ginocchio e non sia presente disallineamento dell’arto, si può sostituire soltanto il compartimento danneggiato (quasi sempre quello interno). In questo caso si utilizza la protesi monocompartimentale che è abbastanza simile a quella totale anche se è di dimensioni più piccole. In alcuni casi le indicazioni si possono sovrapporre a quelle dell’osteotomia.

Nella maggioranza dei casi di media o grave gonartrosi invece sarà necessare impiantare una protesi totale di ginocchio. Tale protesi ripristina le funzioni dell’articolazione sostituendo le superfici cartilaginee consumate; è costituita da una componente femorale, da una componente tibiale e quando necessario anche da una rotula artificiale (quest’ultima utilizzata in casi selezionati in base alla presenza di grave danno cartilagineo anche sulla rotula). Tra le due componenti metalliche (tibiale e femorale) viene posizionato un inserto di polietilene. Il polietilene è una “plastica” ad alta densità, fondamentale per lo scorrimento e l’accoppiamento tra le due componenti. La funzione delle protesi è quella di alleviare il dolore, ripristinando la motilità e l’allineamento naturale del ginocchio, e di resistere quanto più possibile nel tempo all’usura dei materiali.  Per ottenere questi obiettivi, i materiali impiegati per le protesi sono di elevato livello tecnologico e garantiscono una compatibilità estrema e una tollerabilità a lungo termine da parte del corpo umano. Per fissare la protesi all’osso, viene utilizzato un altro materiale, il cosiddetto “cemento”, costituito da polimetilmetacrilato (PMMA), posto tra le componenti protesiche e l’osso ospite ed in grado di fissarsi sia alla protesi che all’osso. Esistono anche protesi di ginocchio che non necessitano di cementazione in quanto sono rivestite da materiali osteoinducenti all’interfaccia tra osso e protesi. Si ottiene così la cosiddetta fissazione biologica, che si basa sulla neoformazione di tessuto osseo sulla superficie della protesi. Entrambe le metodiche di fissazione si sono dimostrate ampiamente valide.

POST-OPERATORIO

Usualmente il giorno successivo all’intervento il paziente inizia a compiere esercizi di mobilizzazione attiva e passiva dell’arto con l’ausilio di appositi macchinari e di fisioterapista. Dal 2° giorno dopo l’intervento assume la posizione seduta in poltrona ed inizia gradualmente esercizi di ortostatismo e di deambulazione assistita da appoggi, con carico graduale. La dimissione avviene di norma entro 5-6 giorni dall’intervento. I tempi di concessione del carico completo possono variare in base a fattori che includono il tipo di impianto protesico, l’eventuale esecuzione di tempi chirurgici accessori ed il grado di tenuta meccanica del tessuto osseo. Raramente è necessario applicare per qualche settimana un tutore di immobilizzazione del ginocchio. La rieducazione funzionale va proseguita mediamente per 45 giorni dopo l’intervento. I tempi e il grado di recupero dell’autonomia funzionale risultano comunque piuttosto variabili e sono connessi a fattori individuali ed a cause indipendenti dalla corretta esecuzione tecnica dell’intervento (condizioni generali antecedenti, risposta all’intervento, possibilità rieducative). I dati di letteratura permettono di affermare che oltre il 90% delle protesi non presentano problemi a 15 anni dall’intervento.

LA MIA OPINIONE

La protesi di ginocchio richiede una convalescenza lunga e discretamente dolorosa. Prima di flettere il ginocchio senza dolore ed in maniera accettabile passano spesso diverse settimane, qualche mese invece occorre per non avere più il ginocchio caldo e gonfio. Il nostro organismo impiega tempo per accettare la presenza di una protesi, tanto più se ricoperta da un sottile strato di tessuti (nell’anca è posta più in profondità e più rapidamente tollerata). Il paziente sovrappeso ha tempi più lunghi di recupero e rende al chirurgo più difficoltoso l’intervento.

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